IL TERROIR

 

È in questa contesto che l’Azienda coltiva i propri vigneti, che occupano i 35 ettari centrali della proprietà circondati da 80 ettari di bosco, realtà unica nel suo genere.

La nostra terra: il Carso

Il “Carso” è un altopiano che si eleva nella parte orientale della provincia di Gorizia che limita con un terreno di circa 5.400 ha. di superficie compreso tra il confine con la Slovenia il tratto terminale del Vipacco fino alla sua confluenza nell’Isonzo che contorna il paese di Sagrado e la linea ferroviaria che da questo si dirige a Trieste. Si tratta dell’ultima parte del vasto altopiano calcareo che si estende ai piedi del cordone montuoso che costeggia a sinistra la valle del Vipacco. Di tale cordone ricade nel “Carso goriziano” il primo rilievo nell’area Castelnuovo quota 145 e nel secondo rilievo sul monte San Michele che raggiunge quota 274 m.s.l.n. La localita’ Castelnuovo, e’ un terrazzo Carsico ai cui piedi l’Isonzo ha scavato il suo letto.

Sotto il profilo geologico esso si fa risalire al Cretaceo superiore ed è costituito prevalentemente di calcari. I prodotti del disfacimento del substrato calcareo trasportati dal vento lasciano infatti affiorare spesso la roccia madre impedendo la minima vegetazione. Dove questa ha potuto trattenersi formano orizzonti di spessore esiguo (20-30 cm.). Accumuli più profondi di tali terreni le così dette terre rosse carsiche si riscontrano solo in corrispondenza delle doline dove superano anche 1 metro di spessore. Distribuite senza una apparente legge queste doline costituiscono vere e proprie oasi nella desolazione del paesaggio. Oltre che in esso accumuli consistenti di terre rosse si riscontrano con particolare frequenza lungo il vallone di Doberdò tra Gabria e Sagrado quasi parallelamente al confine di Stato.

Caratteristica fondamentale delle ‘terre rosse’ è la straordinaria ricchezza di particelle colloidali e la scarsità di sabbia. Malgrado l’alto contenuto di argilla agli effetti agrari questi terreni sono da considerarsi leggeri e fortemente soggetti alla siccità. La relativa fertilità di questi terreni trova infatti un limite nella disponibilità di acqua e non già perchè scarseggiano le precipitazioni quanto per la permeabilità del sottosuolo.

I terreni per l’esiguità dello spessore non trattengono l’acqua non c’è capillarità non sono in grado di mantenere una vegetazione arborea rigogliosa. D’estate per il surriscaldamento delle rocce si verifica forte evaporazione. Si allontanano da questa tipologia generale le zone dove i terreni sono più profondi nelle doline e lungo il vallone che va fino a Sagrado.
Riferimento bibliografico : ( Claudio Fabbro VITI e VINI DEL FRIULI-Ducato dei Vini friulani 1977)

La coltivazione della vite in Friuli e nel "Carso"

Anche sotto il dominio di Roma la coltivazione della vite ebbe fortissimo incremento dopo che come narra Tito Livio il Senato Romano ebbe inviato ad Aquileia una colonia allo scopo di diffondere la viticoltura. E quanto i risultati siano stati brillanti lo testimoniano sia lo stesso Livio che Strabone quando cita Aquileia come uno dei massimi empori vinicoli.

Pure Plinio dovette restar ammirato dai nostri vini dal momento che ritenne giusto citare il “PUCINO” come un vino dalle virtù medicamentose; ed infine come se non bastasse si sa che lo stesso Cesare Augusto obbligato ad abitare insieme alla moglie Livia ad Aquileia si interessava alla coltivazione della vite. L’imperatrice Livia ammalata di anemia mediterranea riuscì ad arrivare all’età di 82 anni forse per merito del vino Pucinum che le veniva inviato in grandi anfore dalle lontane terre dalmate localizzate ad occidente della foce del Timavo che provenivano da Castel Pucino (oggi un rudere, chiamato Castelvecchio di Duino). Così raccontava Plinio Il Vecchio nell’ “Historie Naturalis”. Anche Rudolf Pichler storico della famiglia Della Torre di Valsassina, proprietari della tenuta di Sagrado, nel suo libro “Il Castello di Duino”, a pag. 67-68 raccontava il passo di Plinio il Vecchio e commentava dicendo che anche lui alla mensa della Castellana di Duino “Maria Teresa della Torre di Valsassina”, beveva di quell’antico vino Pucinum che veniva coltivato in un vigneto “un trar d’arcò di là discosto”. Riferendosi all’antico possedimento di Villa Veneta dei Della Torre Valsassina oggi chiamato Castelvecchio.